Biografia e Spiritualità della
Beata Maria Candida dell'Eucaristia
Madre Maria Candida nacque il 16 gennaio 1884
a Catanzaro (città dove la famiglia si era momentaneamente
trasferita per il lavoro del padre), da Pietro Barba e da Giovanna
Florena, genitori palermitani, profondamente cristiani. Era la decima figlia,
dei dodici che erano venuti al mondo: cinque però erano morti in tenera età.
La bimba fu battezzata tre giorni dopo la nascita, col nome di Maria e ricevette
in famiglia la sua prima educazione, in particolare dalla madre, donna di grandi
doti umane. Il padre era un alto magistrato, Primo Consigliere di Cassazione e
Presidente della Corte d'Appello.
La famiglia, dopo non molto tempo, si stabilì a Palermo.
Maria aveva un carattere vivace ed era anche volitiva e capricciosa, tuttavia, ancora piccola, dimostrava una spiccata tendenza per le cose che riguardavano Dio e la religione. A sette anni fu iscritta al "Collegio di Maria al Giusino", per frequentare le scuole elementari e qui cominciò a prendere coscienza della vocazione alla santità, come amore totale a Gesù, sin dal giorno della Prima Comunione, il 3 aprile del 1894. Quel giorno, Madre Candida,“ fu preda per alcuni istanti di una stretta amorosa " ." L’amore di Gesù, la sua tenerezza per me facevano crollare sui miei occhi due lacrime di intensa felicità e di amore ”.
Temperamento vivo e appassionato, ma dotato
di una straordinaria sensibilità interiore, ella stessa affermò, esagerando un
po', che verso gli undici anni incominciò a diventare turbolenta e irrequieta,
disobbediente e vanitosa. A 14 anni, compiuti i corsi elementari e i tre corsi
di Magistrale Inferiori, sempre riportando ottimi voti, Maria fu costretta dai
genitori, secondo la discutibile consuetudine del tempo, ad interrompere gli
studi. Le fu concesso, come avveniva per tutte le fanciulle destinate ad un
brillante inserimento sociale, di studiare il pianoforte, ma anche la scoperta
della musica completò in qualche modo una formazione che, nell'intento della
famiglia, non doveva uscire dai canoni della normalità. La famiglia, peraltro,
l'adorava e Maria stessa, nei suoi scritti autobiografici, ci fa intravedere un
ambiente familiare sereno e carico di una non tanto frequente spiritualità
cristiana. Così, trasportata da un purissimo affetto per i suoi, Maria per un
certo tempo aderì al modello consueto delle ragazze del suo tempo.
La condizione sociale della famiglia la costrinse ad un tenore di vita
piuttosto mondano e così, verso i 15 anni, divenne più vanitosa, nel vestire e
nell'acconciarsi i capelli, nonostante che la sua indole riservata, all'inizio,
la facesse un po' rifuggire dai balli, dai teatri e dalle visite altolocate.
La madre la seguiva però, cercando di mantenerla fedele alla meditazione
quotidiana, e facendole condividere con lei l'amore per i poveri, per i quali
Maria sarebbe stata capace di privarsi anche del necessario.
Era ancora una quindicenne spensierata e ardente quando l'attrattiva di Dio la
sospinse verso un cambiamento improvviso, per certi aspetti a noi misterioso,
determinando nella sua anima una conversione chiara, sempre più profonda e senza
ritorni. Maturò questa consapevolezza nel giugno del 1899 in quella esperienza
della grazia di Dio davanti all’immagine del S. Cuore che lei chiamò la sua “
conversione ”; ma fu il 2 luglio dello stesso anno che, dopo aver assistito alla
vestizione religiosa di una sua parente, prese la forte e durevole decisione di
dedicarsi, per il futuro, completamente a Dio.
“ Gesù
si piegò sul mio cuore ... il giorno dopo, al risveglio, avvenne in me
qualcosa di inspiegabile... quello che il giorno innanzi mi era sembrato cosa
orrenda (la vestizione religiosa), a un tratto mi apparve cosa
meravigliosa... ".
Benché isolata nella trasformazione avvenuta
in lei, e incompresa dallo stesso ambiente familiare, Dio sembrava farle da
guida, soprattutto, con la “ scoperta ”, nel 1902, della presenza reale di Gesù
nel Tabernacolo. Maria iniziò a sentire dentro di sé un particolare amore verso
il Mistero dell'Eucaristia, che diverrà il centro di interesse di tutta la sua
vita, e
promise di non tralasciare mai
la Comunione.
Irruppe così in lei la forza della grazia e la presenza del Signore, che divenne
l'unico vero Sole, in grado di riscaldare tutti gli slanci della sua esistenza
giovanile.
Rinunciando decisamente ad ogni altro allettamento sensibile esterno, ella
iniziò la sua vera vita di santificazione personale con l'esercizio dell'umiltà
e dell'obbedienza, sottoponendosi, per potervi riuscire, a pesanti
mortificazioni corporali.
Resistendo con coraggio alla volontà dei genitori e dei fratelli, che volevano
indirizzarla alla vita matrimoniale, Maria, a 18 anni, durante un ritiro al
Collegio “ Giusino ”, emise il “ voto di verginità ” temporaneo che rinnoverà
ogni tre mesi e, durante i quindici giorni trascorsi nel Monastero della
Visitazione di Palermo, rinnovò la sua Consacrazione al Sacro Cuore.
La famiglia, specialmente dopo la morte del
padre (avvenuta il 21 giugno del 1904), seguì con apprensione la trasformazione
di Maria e da quel momento, particolarmente quando conobbe la sua vocazione
religiosa, cercò in tutti i modi di mitigare il suo fervore, tanto da non
lasciarla andare più neanche in Chiesa, nella segreta convinzione che si
trattasse di un' esaltazione momentanea. La madre stessa, pur così pia e
religiosa, le diceva chiaramente che non voleva staccarsi da lei: sarebbe
entrata in religione dopo la sua morte. Dopo tutto, Maria era una donna e alla
mentalità dei fratelli i suoi atteggiamenti estatici o di profondo raccoglimento
apparivano quanto meno esagerati. Nel 1905 ella cadde in uno stato di grave
prostrazione, anche a causa della “ malattia degli scrupoli ”. Nel 1908 iniziò
la direzione spirituale con padre Antonio Matera, dei francescani conventuali di
Palermo. Il 2 febbraio del 1910,
in obbedienza al direttore spirituale, iniziò la stesura della sua
Confessione generale (che continuerà fino al 1918) e, il 20 Marzo, si
iscrisse al Terz’Ordine francescano dove fece la sua professione il 2 aprile
1916. A Settembre dell’anno 1910 si recò in pellegrinaggio a Roma con la
famiglia e fu ricevuta in udienza da Papa Pio X. Prese contatto con l’Istituto
delle suore di Maria Riparatrice per un eventuale ingresso, ma ne fu impedita
dalla madre.
Maria si piegò inizialmente alla situazione familiare con uno spirito di carità
non meno sorprendente della sua fermezza: la lunga malattia del padre, la morte,
nel 1911, del fratello Paolo, giovane universitario di appena 21 anni, le fecero
capire che non era ancora giunto il momento di realizzare la sua vocazione. Ma
nel profondo dell' anima soffrirà immensamente, come dichiarerà più tardi.
Durante l’anno 1912 prese contatto con il Carmelo di Palermo e lesse
la " Storia di un'anima " di Santa Teresa di Lisieux.
Quando si trattò di ricevere il sacramento
della Cresima, che, a quei tempi, si soleva amministrare al momento o poco prima
del matrimonio, Maria dovette ricorrere ad un vero sotterfugio. Chiese che le
venisse dato da Mons. Bova, Vescovo Ausiliare della città di Palermo, quasi
segretamente, quando questi si trovava in casa della sorella Luisa, per
conferirlo a un suo figlio gravemente ammalato. Era il giorno 13 novembre 1912 e
Maria aveva già 28 anni. Nel 1913 ella cadde nuovamente in uno stato di grave
depressione e si ammalò di cuore. Guarita, si liberò finalmente della “ malattia
degli scrupoli ”. Padre Antonio Matera le permise di emettere il voto perpetuo
di verginità.
Per sua fortuna, la mamma, le aveva dato il permesso di frequentare le Suore
della Visitazione e quelle di Maria Riparatrice. Quando poi la madre morì, il 5
giugno del 1914, Maria, sempre più decisa a lasciare il mondo, pensò seriamente
quale Istituto dovesse scegliere per diventare Sposa del Signore. Il 22 giugno
del 1914 tentò di fuggire a Roma per entrare nell’Istituto delle suore di Maria
Riparatrice. Divenuta, però, dopo la morte della madre, il centro affettivo
della famiglia dei suoi fratelli, dovette aspettare ancora cinque anni e
sopportare dure prove, per potersi allontanare da casa,
dimostrando, in questi anni di attesa e di sofferenza interiore, una
sorprendente fortezza d'animo e una fedeltà non comune all'ispirazione iniziale.
Dopo la morte della mamma non poteva recarsi alla Comunione
che raramente per non urtare i fratelli, che non permettevano che uscisse da
sola anche se, privarsi della Santa Comunione,
era per lei " una croce ben grande e tormentosa
". Il 17 marzo del
1919 Maria Candida fu ricevuta in udienza dal Cardinale Alessandro Lualdi,
Arcivescovo di Palermo, che le indicò il Carmelo di Ragusa.
Nonostante
l'opposizione dei fratelli, riuscì ad entrare in questo monastero " molto
povero, ma osservantissimo " il 25 settembre 1919, quando già aveva 35 anni.
Finiva così per lei la lunghissima lotta che l'aveva impegnata per tanti anni,
prima di poter rispondere alla chiamata di Dio. Nessuno dei fratelli
l'accompagnò all'ingresso al Carmelo, nessuno volle assistere alla sua
vestizione e nessuno l'andrà a trovare nei suoi anni di vita religiosa. Anche
questo fatto sarà per lei molto doloroso. Quasi a voler riconquistare il tempo
perduto, Maria iniziò un'intensissima vita spirituale.
Compiuto normalmente il periodo di postulandato, vestì l'Abito
religioso il 16 aprile 1920, assumendo il nome, per certi
aspetti profetico, di Suor Maria Candida dell'Eucaristia.
La nuova Beata, aiutata dalla spiritualità carmelitana,
sviluppò pienamente quella che lei stessa definì la sua "
vocazione per l'Eucaristia
". …Lo aveva compreso in modo singolare sin da bambina:"
Quand'ero ancora piccina e ancora non mi era stato dato Gesù, accoglievo la
mamma mia dal ritorno della S.ma Comunione, quasi alla soglia di casa, e
spingendo i piedi per arrivare fino a lei, le dicevo: " A me pure il Signore! ".
Mamma s'abbassava con affetto e fiatava sulle mie labbra; io subito la lasciavo,
e incrociando e stringendo le mani sul petto, piena di gioia e di fede, ripetevo
saltellando: " Io pure ho il Signore! io pure ho il Signore " ".
Maria Candida affermava di essere “ rinvenuta ” quando aveva trovato e scoperto il mistero dell’Eucaristia e diceva: “Tu solo mi hai fatto felice; ora so dov’è la gioia, il sorriso. Vorrei additarti al mondo intero, o fonte di felicità, o paradiso. Vorrei trascorrere la vita ai tuoi piedi, vorrei vederti assediata o divina Eucaristia, da tanti cuori ”.
“ La Santa Comunione è il mio sospiro, la
mia brama, il mio palpito. Per me non vi è alcun diletto su questa terra che
nella S. Comunione … Anche comunicarmi ogni giorno [e allora non era facile]
mi sembra troppo poco ”. Per questo, sognava il permesso di potersi
comunicare anche a pomeriggio: un sogno profetico divenuto oggi, per noi,
realtà.
L’Eucaristia fu la sua vocazione, il suo
carisma, la sua missione. Ella entrò nel Carmelo per realizzare il suo
intensissimo desiderio di immolazione, come via privilegiata della propria
santificazione, secondo la sua stessa affermazione: “ Qua giunta e prostrata
ai piedi della Sacra Custodia, io sentii di immolarmi e mi immolai in silenzio a
Lui ”. E rinnovava in ogni celebrazione eucaristica questa immolazione
riparatrice soprattutto per le offese arrecate al suo Amore eucaristico e
scongiurava i sacerdoti: “Trattate bene il mio Gesù sacramentato! ”
Voleva essere “ l’apostola
della Comunione ”, anzi un “ ostensorio ” vivente e chiedeva a Gesù
“ anime che si comunichino per amore, con amore, che facciano il possibile
per dare tempo – il più che possono – al rendimento di grazie ”.
"Sperimentino tutti, o Gesù, ciò che sorge
dalle comunioni ben fatte ”,
“ Al tuo contatto si smorza, si muta ogni passione contro la bella carità, da te s’attinge ogni forza per rendere bene per male, e sempre bene, solo bene ” .
“ Quante volte assistendo
alla SS. Comunione mi ha tratto e commosso il cuore il prodigarsi di Gesù, il
donarsi a tutti, tutto, senza posa, a quanti! Ed è sorto spontaneo nell’anima
mia il pensiero, il desiderio di donarmi, di prodigarmi anch’io a tutti, tutta,
senza posa, senza riserve ”.
E davanti all’Eucaristia in preghiera,
veramente si trasfigurava, offrendo di sé l’immagine dell’adoratrice in spirito
e verità. Volle prolungare le sue ore di adorazione, e
soprattutto l'ora dalle 23 alle 24 di ogni giovedì era passata dinanzi al
Tabernacolo. L'Eucaristia polarizzava veramente tutta la sua vita spirituale,
non tanto per le manifestazioni devozionali, quanto per l'incidenza vitale del
rapporto della sua anima e Dio. " Quante volte, specialmente a sera,
ricordando le grandezze, gli splendori della terra e poi volgendo lo sguardo al
Tabernacolo, esclamo: Tutto è vuoto; non vi è tesoro più grande, più delizioso
di quello che posseggo e che tutto è là ".
"Toglietemi tutto, anche la pelle, ma lasciatemi Gesù! " ,“ Gesù,
- diceva – donami lo splendore dell’Ostia immacolata ”.
Madre Candida, educata alla
scuola di S. Margherita Alacoque, esprimeva la “ gioia piena ” e la “ dolcezza
senza fine ” da lei provate davanti alla presenza eucaristica del suo Sposo
divino " Il Cielo stesso non
possiede di più. Quell'unico tesoro è qua, è Iddio! Veramente, sì veramente: mio
Dio e mio Tutto. Io chiedo al mio Gesù di essere posta a custodia di tutti i
tabernacoli del mondo sino alla consumazione dei secoli ” e chiedeva
che il suo cuore ardesse come sua “ lampada perenne ” in tutti i luoghi
dove Egli abitava, per concludere: “Ove è Gesù Ostia, sono dunque pure io
”… “ Vivere della tua presenza è quasi un delirio per l’anima mia ”...
L’amore allo Sposo divino eucaristico s’intrecciava nella Beata con l’amore alla
Madre sua, “ donna eucaristica in tutta la vita ”. Madre Candida, rivolgendosi a
Gesù eucaristico, così pregava: “ Io non ti avrei se Maria non avesse
consentito a divenire madre di Te, Verbo incarnato ”,e per questo chiamava “Aurora
dell’Eucaristia ” Colei che aveva portato in grembo il
Figlio di Dio e che continuamente lo genera nel cuore dei suoi discepoli: "Vorrei
essere come Maria, essere Maria per Gesù, prendere il posto della mamma sua.
Nelle mie Comunioni Maria è sempre con me: è dalle sue mani che voglio
riceverlo, è col suo cuore che lo voglio nel mio cuore, io provo a volte la
tenerezza di Maria nello stringere Gesù. Io vorrei difenderlo da tutte le
freddezze, da tutte le negligenze, vorrei chiuderlo in me, carezzarlo tanto,
quel corpo adorabilissimo, quelle innocentissime e salutari Carni.
Io non posso dividere Maria da Gesù. Salve, o Corpo
di Cristo, nato da Maria Vergine. Salve o Maria, aurora dell'Eucaristia."
Verso la Madonna, quindi, Madre Candida ebbe sempre un eccezionale fervore, la
ringraziava considerando “ da te ho avuto l’Eucaristia ”, avrebbe voluto
dire a tutto il mondo la sua esperienza interiore: “ L’amore a Maria vi darà
l’amore a Gesù ”.
Donna d’intensa spiritualità, vissuta in
umiltà e semplicità, Maria Candida con il candore proprio del suo nome, seppe
incarnare in sé l’immagine della vera figlia di S. Teresa d’Avila, la grande
riformatrice del Carmelo, la cui vita fu proiettata tutta al compimento totale
dei suoi doveri, sia piccoli che grandi, per il bene della Chiesa, dei sacerdoti
e di tutti i peccatori. Sono ben note le pagine in cui
Santa Teresa di Gesù descrive la sua particolarissima devozione all'Eucaristia e
come nell'Eucaristia la santa Fondatrice avesse sperimentato il mistero fecondo
dell'Umanità di Cristo.
In noviziato Madre Candida si distinse per la sua carità e amabilità: cercava di
essere di sollievo a tutte, trascinando con il suo esempio a seguirla. Il suo
programma di suora, al quale con il sorriso fu sempre fedele con eroismo,
risulta anche attraverso i suoi tanti scritti: “ Ho sempre aspirato di dare
al mio Dio il massimo di purezza, il massimo di amore, il massimo di perfezione
religiosa ”. “ Desidero essere santa, ma sento la mia impotenza e
ti domando, o mio Dio, di essere tu stesso la mia santità ”.
Sembrava che leggesse nei cuori: il suo sguardo penetrava fino in fondo
all'anima. Amava e coltivava la penitenza e osservava perfettamente la Regola.
Aveva un carattere molto vivace ed era allegra e lieta in ricreazione, appena
però suonava la campana della fine, acquistava subito la padronanza di sé e del
suo carattere, e l'osservanza del suo silenzio era perfetta.
Per un senso di umiltà e di rottura con la sua classe sociale aveva fatto
richiesta di essere suora conversa: le fu negato dalle Superiore. Sua prima
maestra fu Madre Maria Immacolata di San Giuseppe.
Al termine del noviziato, fece la sua
Professione Semplice il 17 aprile del 1921. Una volta professa,
disimpegnò lodevolmente i vari incarichi che le furono affidati: rotara,
portinaia, sacrestana, aiuto-cuoca, tanto da essere chiamata in Comunità la "
suora turabuchi ". Il 16 giugno del 1922 la sua seconda maestra
delle novizie, madre Maria Evangelista di San Luca, le chiese di scrivere
il racconto della sua vocazione e del suo arrivo al Carmelo: è il primo
manoscritto, pubblicato con il titolo Salita: primi passi.
A luglio dello stesso anno la famiglia cercò di farla trasferire al Carmelo
di Palermo, ma madre Maria Candida si oppose.
Il 23 aprile 1924 fu ammessa alla Professione Solenne.
Dotata di particolari doni di grazia, raggiunse vertici altissimi della vita di
preghiera e di contemplazione e ne divenne maestra insigne, non tanto con il
sapere dell’intelligenza, che pure era abbastanza alto e profondo, come risulta
dai suoi scritti, quanto con la sapienza del cuore e la testimonianza della vita
più eloquente di ogni parola.
Dopo appena sei mesi dalla Professione Solenne, " con dispensa dei sacri canoni
" il 10 novembre 1924 fu eletta Priora e, dopo la scadenza del triennio, fu
rieletta per un secondo triennio. Il 5 novembre del 1926,
per obbedienza al suo confessore, don Giorgio La Perla, iniziò a scrivere il
racconto della sua vita carmelitana, pubblicato con il titolo Il Canto sulla
Montagna. Nel 1927 emise il " voto del più perfetto " e, il 1
novembre dello stesso anno, il “ voto di vittima ”, scritto con il
proprio sangue. Inoltre negli anni 1930-33, quando non fu priora, ebbe il
compito di sacrestana e maestra delle novizie; il 4 novembre del 1933 fu eletta
Priora per la terza volta. Continuamente rieletta, mantenne l'incarico fino al
1947. A partire dalla solennità del Corpus
Domini del 1933, anno santo della redenzione, la Priora, Madre Maria
Teresa di Gesù, le chiese di scrivere alcune riflessioni sul Sacro Cuore.
Consigliatasi con il confessore, Madre Maria Candida scrisse liberamente i suoi
pensieri. Nacque quello che potremmo
definire il suo piccolo 'capolavoro' di spiritualità eucaristica, il
manoscritto " Colloqui Eucaristici " (nella prima pubblicazione del 1979
intitolati " L'Eucaristia "), che sarà completato nel giro di due anni.
È una lunga, intensa meditazione
sull'Eucaristia, sempre tesa tra il ricordo dell'esperienza personale e
l'approfondimento teologico di quella stessa esperienza. Seguendo
l'esempio di Santa Teresa di Gesù, instancabile fondatrice di monasteri
carmelitani nella Spagna del XVI secolo, Madre Maria Candida ebbe parte attiva
nella restaurazione di tre antichi Monasteri dell'Ordine in Sicilia (quello di
Chiaramonte Gulfi nel 1925, quello di Enna nel 1931, quello di Vizzini nel 1932)
e, a questo scopo, vide partire alcune delle sue Madri e Sorelle. Alla sua
preghiera e al suo interessamento i Padri Carmelitani Scalzi devono anche il
loro ritorno in Sicilia dopo la soppressione dei XIX secolo: il 28
settembre 1946 i Padri aprirono a Ragusa la loro prima casa in Sicilia e
Madre Maria Candida li ospitò per sette mesi nel proprio monastero, in attesa
della sistemazione del convento. Nei venti anni in cui fu Priora,
trascorsi non senza difficoltà e incomprensioni, in mezzo a continue rinunce e
fatiche, ma sempre al massimo desiderosa di arrivare alla santità che Dio voleva
da lei, Madre Maria Candida esercitò una influenza molto buona su tutta la
Comunità.
Era molto distaccata dagli affetti terreni, molto austera, forse, agli inizi,un
po' troppo rigida, in seguito, però, divenne sempre dolce e amabile. Aveva
grande cura per il decoro delle funzioni religiose; usava uguale carità verso
tutte, con qualche predilezione per le monache più deboli o malate. Madre
Candida era in tutto molto prudente e saggia, osservantissima della Regola,
tanto da essere chiamata la " Regola vivente "; aveva grandi doti di spirito e
di cuore, ma sapeva accettare anche, nella sua umiltà, le umiliazioni che le
venivano talora dalle stesse monache.
Si affidava costantemente a Gesù che divenne sua guida e, abbandonandosi
completamente a Lui, avvertiva che Egli dirigeva i suoi passi. Si notava in lei,
dicono le consorelle, uno spirito semplice, molto gioviale e, specialmente
quando più soffriva, traspariva dai suoi atti e dalle sue parole, un senso di
gioia. Rieletta di nuovo dalla comunità nel 1947, il nuovo Superiore
Generale, Padre Silverio di S. Teresa, non volle, però, rinnovare la dispensa,
poiché durante il suo governo non permise di concederne al riguardo. Così Madre
Candida ritornò fra le sue consorelle, a vivere in ubbidienza la vita del
chiostro; la nuova Priora, madre Maria Ines di Gesù, le chiese di scrivere
alcune riflessioni dedicate alle consorelle sulla vita carmelitana. Nacque
l’ultimo suo manoscritto che sarà pubblicato con il titolo Perfezione
carmelitana.
Ella fu sollevata dal peso del priorato ma i Superiori ritennero di poterle
ancora affidare un incarico di fiducia: la nuova fondazione di un Monastero a
Siracusa. Non giunse tuttavia a completare l'opera.
Il Monastero non fu certo per Madre Maria
Candida un comodo rifugio al riparo dei problemi della vita, ma, al contrario,
il luogo dove esercitare un serio impegno di vita al servizio di Dio e della
Chiesa. Di salute sempre malferma, fu continuamente afflitta da mali fisici, da
sofferenze a volte acute, che seppe sempre sopportare con gioiosa ed esemplare
mortificazione.
Nel Febbraio del 1949 le venne diagnosticato un tumore al fegato, malattia
mortale che si accompagnò con una lunga sofferenza, molto dolorosa per Maria
Candida, la quale sopportò il lungo martirio, con nobiltà d’animo, rassegnazione
alla volontà di Dio e raccolto silenzio, dando alla Comunità delle Carmelitane
Scalze un fulgido esempio del senso teresiano dell’oblazione amorosa delle
sofferenze, che con gioia venivano donate a Dio per la Chiesa e per le anime
tribolate.
Ella invitava le religiose che l’assistevano a ringraziare Gesù per il suo
martirio, da lei definito “ carezza della misericordia infinita ”, di cui
non era degna e si dichiarava “ beatissima, felicissima ” del suo dolore.
Negli ultimi giorni, quasi agonizzante, volle “ immolarsi a Gesù con tutta
felicità ”, affermando con serenità “ Non mi pento d’essermi data a Gesù
”. Dopo aver ricevuto con estrema devozione il Sacramento degli Infermi,
all'età di 65 anni, morì fra atroci
sofferenze, offerte da lei al suo Sposo a coronamento di una “ vita nascosta
con Cristo in Dio ”. Era il 12 giugno
1949, Solennità della SS. Trinità. Le sue ultime parole furono
d’invocazione a Maria, suo grande amore. Durante la notte tra il 12 e il 13
giugno, Suor Maria Margherita del SS. Sacramento, al secolo Teresa Occhipinti
(1885-1967) guarì improvvisamente da un gravissimo eczema al piede destro che
l'affliggeva da molti anni e che i medici avevano giudicato incurabile.
Il 14 giugno si radunò nella chiesa del Carmelo di Ragusa un'impressionante
moltitudine di persone per le esequie di Suor Maria Candida: era già da tutti
proclamata " santa ".
Ci fu grande concorso di gente anche nel trasporto della salma dal Monastero al
cimitero di Ragusa, dove venne seppellita nella tomba del Sac. Giorgio La Perla,
che fu per molti anni suo direttore spirituale. La sua particolare adesione allo
spirito carmelitano di S. Teresa di Gesù, le procurò sia in vita che dopo morta,
una fama di santità eccezionale, che con le innumerevoli grazie attribuite alla
sua intercessione, fecero introdurre la causa per la sua beatificazione il 15
ottobre 1981.
5 marzo 1956: Mons. Francesco Pennisi, vescovo di Ragusa, apre il
Processo ordinario diocesano conclusosi il 28 giugno 1962.
12 novembre 1970: traslazione della
salma dal cimitero di Ragusa nella chiesa del Carmelo.
12 giugno 1986: Mons. Angelo Rizzo apre il processo sul miracolo
che verrà chiuso il 9 dicembre dello stesso anno.
9 novembre 1992: la Positio super vita et virtutibus viene
presentata per la discussione alla Congregazione delle Cause dei Santi a Roma.
La sua causa fu accolta presso la Congregazione della Causa dei Santi il 25
marzo 1993.
18 dicembre 2000: Giovanni Paolo II dichiara Madre M. Candida
dell'Eucaristia « Venerabile »: è il passo decisivo verso la Beatificazione.
Madre M. Candida dell'Eucaristia sarà
Beatificata da Giovanni Paolo II il 21 marzo 2004
in Piazza S. Pietro, a Roma.
Moltiplicazione del Pane Eucaristico
attribuita alla B. Maria Candida dell'Eucaristia
Beatificata da Giovanni Paolo II il 21 marzo 2004, Maria Candida dell’Eucaristia sembra aver compiuto il miracolo necessario per la sua canonizzazione e, quel che più conta, facendo onore al suo nome. I fatti, che dovranno essere confermati dall’inchiesta canonica del Vescovo della diocesi ed esaminati successivamente dalla Congregazione per le Cause dei Santi (finché il Papa non darà la sua approvazione definitiva si può parlare solo di “presunto miracolo”), si possono riassumere così, allo stato attuale della documentazione raccolta. Il 15 gennaio 2007 si recò a celebrare la S. Messa al monastero S. Teresa delle carmelitane scalze di Ragusa (dove riposano i resti mortali della beata) un sacerdote della comunità di don Divo Barsotti, al posto del padre carmelitano scalzo che normalmente funge da cappellano. Le monache erano avvisate del cambio di cappellano, ma non sapevano che il sacerdote sarebbe stato accompagnato da un gruppo di fedeli associati alla sua comunità.
La sacrestana aveva pensato di rinnovare il Santissimo il giorno 16, nell’anniversario della nascita della beata, per cui nel pomeriggio del 14 controllò, insieme alla madre priora, se c’erano particole sufficienti per il giorno 15; vedendo che ce n’erano una ventina, ne aggiunse 4 sulla patena del celebrante, tenendo conto del numero di fedeli che ordinariamente partecipano alla Messa della comunità nei giorni feriali.
All’inizio della celebrazione, accorgendosi dal coro alto che il numero dei fedeli era più alto del previsto, la priora e la sacrestana chiesero alla beata Maria Candida che intercedesse perché tutti potessero comunicare. Lo stesso fece l’accolito, un medico di 57 anni, quando scoperchiò la pisside che era nel tabernacolo e scoprì che le particole non sarebbero state sufficienti.
Il “presunto miracolo” consiste nel fatto che il celebrante cominciò a distribuire la Comunione con meno di 30 (trenta) particole nella patena, si comunicarono più di 40 (quaranta) persone, e avanzarono più di 50 (cinquanta) particole (i numeri precisi saranno stabiliti dall’inchiesta diocesana).